martedì 30 marzo 2010

La febbre mette più KO gli uomini? Svelato il perché

Il classico comportamento maschile di cadere moribondi nel letto a causa di un semplice raffreddore potrebbe aver trovato una spiegazione in un articolo apparso sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, secondo il quale gli uomini con la febbre soffrono effettivamente in maniera maggiore rispetto alle donne.

Da un punto di vista evolutivo, spiegano i ricercatori della University of Cambridge, i maschi non hanno messo a punto un sistema di difesa naturale forte come quello delle donne, perciò essi sono più soggetti a malattie e infezioni, e tendono a soffrirne per più tempo. Nel corso dell’evoluzione, l’uomo ha adottato la strategia “vivi al massimo, muori giovane”, afferma l’autore della ricerca Olivier Restif. Per questo motivo, i maschi investono molte più energie nel mantenere l’abilità di riprodursi quando sono ammalati, piuttosto che combattere la malattia come fanno le donne. Questo aspetto è molto comune anche in molte specie animali.

Nel loro studio, i ricercatori hanno applicato un modello matematico ai vari fattori che hanno caratterizzato la storia evolutiva dell’uomo e della donna. Dai risultati è emerso che il vero sesso debole di fronte alle malattie è quello dell’uomo, probabilmente a causa delle differenze ormonali che distinguono i due sessi. “Gli uomini sono selezionati per diminuire le loro difese immunitarie e rimanere sessualmente attivi durante la malattia. D’altra parte, anche se gli uomini avessero un sistema immunitario abbastanza forte da sconfiggere l’infezione, essi tenderebbero a riammalarsi rapidamente”, conclude Olivier Restif. E in alcuni casi, questo è proprio quello che accade.

Fonte: Restif O and Amos W. The evolution of sex-specific immune defences.
Proc R Soc B; 24 marzo 2010. doi:10.1098/rspb.2010.0188

martedì 16 marzo 2010

Perchè le persone urlano quando sono arrabbiate?


Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli:
“Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?”
“Gridano perché perdono la calma” rispose uno di loro.

“Ma perché gridare se la persona sta al suo lato?” disse nuovamente il pensatore.
“Bene, gridiamo perché desideriamo che l’altra persona ci ascolti”
replicò un altro discepolo.
E il maestro tornò a domandare: “Allora non è possibile parlargli a voce bassa?”
Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore.

Allora egli esclamò:
“Voi sapete perché si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati?
Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto.
Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare.
Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare
per sentirsi l’uno con l’altro.

D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate?
Loro non gridano, parlano soavemente.
E perché?
Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola.
A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano.
E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare,
basta guardarsi.
I loro cuori si intendono.
E’ questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano.”

Infine il pensatore concluse dicendo:
“Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino,
non dite parole che li possano distanziare di più,
perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta
che non incontreranno mai più la strada per tornare.”

fonte_http://jacktisana.wordpress.com/2007/05/15/perche-le-persone-gridano-quando-sono-arrabbiate/

mercoledì 10 marzo 2010

La vita è troppo breve per avere rimpianti.

Mon Refuge, Alpenboden 2010




Sci, slittino, neve e sole, stelle e luna, locali e Geneve, l' A1...
Sogno o son desta?
Notte notte :)

La sfera magica: la famiglia.

- Papà, papà! Guarda cos’ho trovato in soffitta! È una sfera magica!-
- Stai fermo, jack! Potrebbe essere pericolosa!- immediata la corsa sulle scale che portano al solaio, una stanza ricca di ricordi meravigliosi ma che non avevano colmato pienamente la sua vita … mentre saliva a due a due i gradini non riusciva a capire di cosa si trattasse… una sfera magica… - mah, i bambini… - mormorava tra sé e sé – hanno una fantasia incredibile. Una sfera magica! Sarà parte della mia vecchia collezione di biglie, oppure la mia vecchia pallina da baseball oppure… - i pensieri s’interruppero all’istante alla visione di quella sfera… ancora intatta ed in perfette condizioni. Il tempo e la polvere non l’avevano affatto deturpata. Fisso lo sguardo su quel piccolo oggetto apparentemente vuoto di significato ma che il suo stesso bambino l’aveva indicata come una sfera magica…
- Papà, stai bene?- replicò il piccolo Jack, preoccupato dallo sguardo assente del padre
– si, piccolo, torna a fare compagnia alla mamma ed al tuo piccolo fratellino. Sei un ometto ormai e quando mi assento devi prenderti cura di loro! –
-Hai ragione papà, vado subito.-
Voleva restarsene da solo immerso nei suoi ricordi… chissà dov’era finita tutti questi anni questa sfera ma soprattutto chissà dov’era finito il piccolo John e tutte le attenzioni e l’affetto che cercava di dimostrargli nonostante lui non l’avesse mai potuto degnare di uno sguardo.
Certo, nella vita non gli era mancato nulla, o forse si.
Trascorse la notte immerso nei pensieri senza chiudere occhio, a cercare e ricercare nei suoi ricordi più profondi il perché questo piccolo oggetto e quel povero ragazzetto non l’avesse mai dimenticato nonostante non avesse mai potuto frequentarlo perché appartenente ad una classe povera, troppo povera rispetto a quella che pretendevano i suoi genitori… e perché allora, proprio ora che era riuscito a realizzarsi nel lavoro, in una bella dimora ed una famiglia non riprendeva in mano la sua vita? Eh, si quella sfera gli fece scattare il desiderio di partire alla ricerca di John, ovunque fosse stato, anche in capo al mondo.
Il mattino dopo non si presentò al lavoro, avvisò la sua segretaria che si sarebbe preso qualche giorno di ferie e si rinchiuse nella piccola biblioteca del paese a scrutare tra i tanti nomi noti se potesse apparire anche quello del suo amico poverello ma ricco di spirito e di arte… nulla.. proprio nulla che potesse portare a John Lane. Anche alla polizia ed all’ufficio anagrafe quel nome non dava coincidenza alcuna in città e nei dintorni. Giorno dopo giorno le ricerche si approfondivano fino a che decise di parlarne anche alla famiglia di questo suo desiderio di ritrovare traccia del suo passato per non dare adito a falsi preoccupanti pensieri sulle sue lunghe assenze e sul suo stato d’animo costantemente riflessivo e pensieroso, assorto.
Trascorsero i giorni uno dietro l’altro sempre più velocemente, il lavoro impegnava molto tempo, a volte troppo ma il tempo per le ricerche non terminava mai. Al mattino, alla sera dopo cena, per strada, tramite la rete internet… mille le immagini e i pensieri.. come sarebbe stato ora quel ragazzino? Lo avrebbe riconosciuto? Che fine avranno fatto tutte le sue mille doti e tutta la sua capacità di non avere nulla ma di saper donare una sfera, un sorriso, un saluto anche chi lo evitava?
Ormai aveva perduto le speranze, un anno di distanza dalle ricerche ed il nulla. Il suo lavoro e i suoi mille conoscenti avevano provato ad aiutarlo ma niente riportava al nome di John Lane.
Niente fino al giorno del suo compleanno. Era il dieci di maggio quando lo chiamarono a casa – Avv. Fransua de la Monne, suo figlio oggi non si è presentato a scuola…-
Di corsa abbandonò il lavoro senza spiegazione alcuna ed iniziò ad attraversare l’immensa città con angoscia. – Scusate, avete visto un bambino di 7 anni, piccolo, moro… - un no accennato con il capo, nessuno sapeva dire nulla nessuno voleva dire niente. Il panico la paura e poi la riflessione. Dove sarebbe scappato lui, trent’anni prima, se stanco dei suoi mille impegni o coinvolto dal desiderio di essere alla pari di tutti gli altri nessuno aveva mai tempo di porgergli ascolto?

Proprio là, sulla riva della Senna, laddove nessuno avrebbe potuto scovarlo, laddove John gli regalò di nascosto dal mondo quella sfera da riempire con tutti i propri desideri, quei desideri che si erano realizzati.. e mentre correva verso il fiume continuavano a balenargli la mente tutti gli errori che come genitore stava ripetendo ingiustamente con suo figlio.. certamente al piccolo Jack non mancava nulla ma allo stesso tempo non c’era mai tempo per l’affetto, per una parola e mai avrebbero permesso a qualche suo amico di una famiglia semplice e comune di venire a cena da loro… stava sbagliando tutto anche lui, ma non era tardi. Correva e le lacrime di rancore si mischiavano alla pioggia di fine primavera che improvvisamente rinfrescava la giornata. Ed ecco, sulla riva il piccolo Jack. Non era solo. Si avvicinò di corsa e subito aggredì malamente il signore che aveva al suo fianco:
-via di qui! Lasci stare mio figlio!-
Subito il povero signore si scostò dal piccolo e si scusò con Fransua cercando con la calma di fargli capire che era il piccolo a cercare lui, non il contrario. Proprio così, Jack aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, qualcuno che lo potesse capire davvero e di cui fidarsi… non appena Fransua si calmò e fu abbastanza tranquillo da volgere lo sguardo negli occhi del signore una luce lo illuminò…
- Oddio, John! Sei tu??? È almeno un anno che ti cerco! Non ti ho più trovato ma mai dimenticato!!-
- Ma non sei cambiato, sei identico ai tuoi stessi genitori che tanto criticavi, facile fare il genitore eh? Ecco perché io scappai di casa presto, volevo la mia aria, la mia vita è questa, la natura, l’arte, l’alba ed il tramonto, il viaggio la libertà di essere ciò che sono!-
- Oh, John – si abbracciarono forte dopodichè Fransua realizzò le parole dell’amico…-come non mi avevi mai raccontato che fossi scappato di casa, io pensavo tu fossi orfano…-
- No, fratello mio, non sono mai stato orfano. Sono fuggito quando tu avevi solo 3 anni e piangendo mi regalasti la stessa sfera che io ti donai quando scoprii che i nostri genitori avrebbero potuto ritrovarmi….-
- Mio fratello, sei mio fratello! Me lo sentivo che c’era qualcosa di forte che ci teneva uniti!-
- Si, ed ora è proprio il mio nipotino, che mi ha ritrovato e di cui non riesco più a fare a meno-
- S’abbracciano tutti e tre e mentre scende la sera sulle rive del fiume ecco che interviene il piccolo jack…
- -papà, zio John può venire a cena da noi?-
- Non solo Amore, ma da oggi zio John verrà a vivere da noi-
- Yuppi!
Mentre le prime stelle si facevano notare nel cielo, le parole e i racconti erano infiniti. S’avvicinavano a casa mentre si rendevano conto di quanto la vita fosse bella e imprevedibile ma che l’amore e l’affetto, il valore della famiglia è l’unica vera cosa che da la felcità. Nient’altro. Ecco tutta la magia di una piccola sfera.

martedì 9 marzo 2010

Alpenboden - Twann - Geneve... grazie a tutti!!!!!!!




Tre giorni MERAVIGLIOSI!!! Che sogno... Svizzera ti adoroooo!!

giovedì 4 marzo 2010

Svizzera.. stiamo arrivando!



Solo semplice desiderio di staccare dalla quotidianità...
Stress... invidie e lavoro hanno fatto il loro gioco ora è il mio momento...
e mi sento felice dell'amore che ho e dono, della mia famiglia... di cuò che sono e della mia sfrenata ambizione... a presto...